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Tremonti: “E’ il sud a frenare l’economia” Prodi: “Convogliamoci traffici da oriente” Può (ri)diventare la piattaforma d’Europa La responsabilità (federale) dei comuni Scuola (cultura) per prepararci a ‘viverla’ Le infrastrutture col nord per collegarla E’ così che si vince (anche) la criminalità

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Come si può immaginare di far risorgere una comunità, senza offrirle uno scopo e, con essa, una motivazione? Così come l’Italia ha bisogno di un nazionalismo necessario per compiere (con efficacia) le scelte che servono a salvarla e a rifarla grande, allo stesso modo è inutile parlare di sud senza concepire una prospettiva nella quale il Mezzogiorno possa ritrovare una ragione d’essere, e così la forza per rialzarsi – sulle proprie gambe. Una ragione già (parzialmente) indicata dall’ex presidente del Consiglio, per il quale il nostro sud può diventare la porta del Vecchio Continente (e non solo) con Cindia, con il mondo arabo e, in futuro, con quel grande gigante addormentato che è l’Africa. Il sud come l’etrusca Spina, che conobbe uno sviluppo e una grande civilizzazione proprio per essersi caratterizzata come la porta dei traffici con l’oriente. Spina, beninteso, era collocata all’attuale foce del Po, ma diversa era la geografia – e i traffici - del mondo allora conosciuto. Calabria, Basilicata, Sicilia, oltre alla Puglia e alla Campania rappresentano geograficamente il punto di snodo ideale tra quei grandi punti cardinali: l’oriente, l’Africa, l’Europa. Modellare, ora che stanno nascendo, o si stanno comunque consolidando, i traffici di questa parte di occidente con Cindia e con il Medioriente cosìcché trovino un punto di approdo, per l’accesso all’Europa, nel nostro sud significa avviare il fiume inarrestabile dello sviluppo, che orientato su di un alveo ripulito adeguatamente da rami e rifiuti ridarà floridità alle rive del Mezzogiorno. La ripulitura dell’alveo? Consiste in un contestuale investimento nella scuola, che possa rappresentare (ancora di più) un punto di riferimento e la grande madre capace di accogliere i figli delle terre del mezzogiorno che, di fronte all’arrivo dell’acqua (in tutti i sensi?), vogliono imparare a navigare per non perdere l’opportunità di esserci. E in un altro, contestuale investimento in infrastrutture che, come negli anni del boom, offrano gli strumenti per trasportare i frutti delle rive tornate a fiorire grazie al bagno dell’acqua del fiume dello sviluppo, al nord e nel resto d’Europa, in modi e tempi competitivi con quelli di altri corridoi. Tutto questo è necessario farlo contestualmente, o il puzzle rimarrà incompleto e verrà aggredito dalle erbacce e dal degrado come le molte costruzioni abbandonate che siamo abituati a vedere al sud. Il fiume in piena nell’alveo ripulito è in grado di spezzare l’argine della criminalità, e di dirigersi, con le sue barche piene di frutti delle nostre terre, verso il nord e il resto d’Europa. Per questo come per tutta la nostra politica è necessario un completo ribaltamento di piano fondato su (questo) progetto organico e complessivo, le toppe ai pantaloni sdruciti non ridaranno mai floridità al nostro sud. Il modo per assicurarsi che il coordinamento nazionale trovi una risposta altrettanto efficace a livello locale? Ridare il controllo alle piccole comunità, ai cittadini, padroni del proprio futuro. Insomma ai comuni. Da cui possa (ri)sorgere un movimento capace di riprendersi anche i livelli intermedi delle istituzioni. Ma anche qui, bisogna fare presto; le vie dei traffici si decidono ora. Tutto questo deve partire immediatamente, o perderemo anche questa occa- sione. E non ce ne saranno più molte altre (M. Patr.).

Nella foto, Tremonti assorto ad ascoltarci


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